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E’ USCITO IL NUOVO LIBRO DI ETTORE BEGGIATO: Presentazione dell’avv. Ivone Cacciavillani
L’Autore che, completata la
stesura d’un libro, ne chiede a taluno la “presentazione”, si rivolge
generalmente, tra i conoscenti, a chi pensa sia in consonanza con le tesi
enunciate, confidando in una specie di loro avallo presso i lettori. Beggiato
sulla piena consonanza ha certo indovinato, anche se su un solo punto debbo
dissentire: Egli deve per coerenza e chiarezza menzionare spesso quel
personaggio che tra gente dabbene non dovrebbe mai venire nominato, come una
parola sconcia. Nei miei libri, quando devo parlarne, uso sempre una I.
maiuscola puntata ed in nota in calce preciso che quella I. può
significare Imperatore per gli ammiratori, Infame per i molti altri. Qui
Beggiato deve necessariamente chiamarlo per nome, ma resta sempre e solo un
I.
C’è una grande opportunità con il 2009, con il duecentesimo anniversario dell’insorgenza veneta. Sta a tutti noi diventare protagonisti nel processo di riappropriazione della nostra storia e della nostra identità. Riappropriamoci del 1809!
E oggi come allora “Viva San Marco!”
Ettore Beggiato
Il libro (222 pagine, 15 euro) può essere richiesto alla casa editrice www.editriceveneta.it
A Raixe Venete www.raixevenete.net
All’autore bejato@hotmail.com
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INTRODUZIONE: Banditi o patrioti veneti ?
Giuseppe Boerio nel suo “Dizionario del dialetto veneziano”
stampato a Venezia nel 1856 parla dei “briganti” in questi termini: “Con tale
nome erano comunemente chiamati nell’anno 1809 coloro che nelle varie nostre
provincie si sollevarono”; lo storico trentino Aldo Bertoluzza anticipa
l’utilizzo del termine, almeno per quanto riguarda il Veneto, al 1797: “La
denominazione di briganti che verrà riportata da gran parte degli storici
risale al mese di aprile 1797, quando avvenne l’emigrazione nel Trentino di
fuoriusciti veneti antifrancesi e la formazione di quei primi nuclei che
Napoleone stesso battezzava briganti, e che diventeranno poi gli affiancatori
dei malcontenti tirolesi e di Andreas Hofer nel 1809” Attraverso il concetto
di “brigante” si tentava, e si tenta, di screditare chi lottava comunque per
un’idea, per difendere la propria terra, la propria casa, la propria
tradizione. E così “briganti” furono tutti coloro che in tantissimi comunità
della penisola italiana resistettero alle orde napoleoniche e giacobine,
“briganti” furono chiamati i Vandeani che pagarono con il sangue la difesa
della loro identità, “briganti” divennero più tardi coloro che si ribellavano
nei confronti dei “liberatori” sabaudi e che vedevano i loro paesi rasi al
suolo da certi figuri che ora campeggiano nelle nostre piazze. L’insorgenza
del 1809 assume il carattere di una vera e propria ribellione contro il
conquistatore, contro l’Infame Napoleone. Si può certamente parlare di
una guerra di liberazione contro l’invasore straniero e i suoi
collaborazionisti locali (i giacobini veneti) in un contesto che assume una
caratteristica europea e che parte dalla Vandea tocca il Tirolo incendia la
Spagna e coinvolge, in forme diverse, l’intero continente Da una parte i
popoli decisi a difendere la loro terra, la loro storia, le loro tradizioni
dall’altra Napoleone e i suoi alleati; da una parte la difesa della propria
religiosità dall’altra l’offensiva del laicismo; da una parte le “piccole
patrie” dall’altra l’espansionismo francese, da una parte la battaglia
autonomista dall’altra il centralismo più ottuso e rapace che affama la
nostra gente con nuove tasse particolarmente odiose come quella sul
macinato.. Si calcola che dal 1796 al 1815 le varie insorgenze
coinvolsero nella sola penisola italiana più di 300.000 persone; sicuramente
ne morirono più di centomila. Ed anche nel nostro Veneto ci sono numeri
impressionanti che testimoniano una partecipazione straordinaria: ad Orgiano
piccolo centro del bassovicentino, fonti della polizia parlano di
quindicimila persone in piazza, ma sono le piazze dell’intero Veneto ad
infiammarsi, sono i campanili delle nostre comunità che diventano il simbolo
della rivolta (non ci avevo mai pensato: dalle campane a martello del 1809 al
campanile di San Marco dei Serenissimi del maggio 1997…..). Una
sollevazione straordinaria come partecipazione, come coinvolgimento generale
dell’intera popolazione, interclassista si direbbe oggi (altro che
rivoluzione degli straccioni!), come riaffermazione della propria identità
veneta e come lotta per riconquistare la libertà perduta (la bandiera con il
leone di San Marco sventola in tante piazze e a Schio viene anche insediato
un Governo Veneto…) alla quale si reagisce con brutalità impressionante con
centinaia e centinaia di patrioti veneti fucilati e impiccati; certo, ci fu
anche chi si dedicò alla razzia: ma fu comunque una esigua minoranza.
Sicuramente mancò la capacità “politica”, mancarono i capi, non certo
l’ardore e l’eroismo della nostra gente. Ma tutto questo nei libri della
scuola italiana non compare e nella pubblicistica del “regime” viene
censurato o minimizzato. E d’altra parte basta pensare a chi “controlla” le
università venete, o meglio le università italiane nel Veneto per rendersi
conto di come la storia veneta sia ostaggio di logiche e di “culture”
estranee alla nostra terra e al nostro popolo. Possiamo chiedere a questi
“storici” sfornati dalle università italiane del Veneto come mai in Spagna
gli insorti antinapoleonici vengono considerati degli eroi, immortalati nel
famoso quadro di Fransisco Goya, e nella nostra terra veneta gli stessi
insorti antinapoleonici vengono ignorati o trattati come delinquenti comuni?
Ed è la stessa storiografia che continua a presentare il Veneto polentone,
abituato a dire “comandi!” a chiunque passi per questa terra. Nulla di più
sbagliato! Il nostro popolo ha sempre lottato per riacquistare la propria
sovranità, la propria libertà. C’è un filo rosso (o meglio azzurro che è il
colore nazionale di noi veneti) che unisce tante pagine della nostra storia
nelle quali è costante la lotta del nostro popolo per l’autonomia, per
l’autogoverno. 1) Nel 1797 i Veneti lottano strenuamente per difendere la Serenissima. Eroica la difesa dei veronesi durante le “Pasque” ma in tutto il Veneto ci sono manifestazioni di fedeltà alla Repubblica di San Marco e di resistenza contro i francesi; 2) Nel 1809 i Veneti, come vedremo, insorgono contro Napoleone 3) Nel 1848, il 22 marzo inizia la grande rivoluzione veneta; viene ricostituita la Repubblica Veneta e Venezia sarà l’ultima città d’Europa a cadere, il 23 agosto 1849, sotto l’impressionante offensiva dell’esercito asburgico. Per le cinque giornate cinque di Milano ci sono interi scaffali di volumi, un anno e mezzo di indipendenza veneta viene sistematicamente ignorata. Dieci anni dopo Napoleone III propone a Francesco Giuseppe di assimilare la questione veneta a quella del Lussemburgo. Nel 1866 attraverso un plebiscito-truffa il Veneto viene annesso all’Italia. 4) Nel 1920 subito dopo la fine della grande guerra quasi interamente combattuta nel nostro Veneto e che ha portato lutti, tragedie e disperazione a non finire, Luigi Luzzatti, già presidente del Consiglio dei Ministri, profondo conoscitore della nostra gente, scrive al suo successore Vittorio Emanuele Orlando il 7 febbraio 1919 del timore che potesse sorgere 'un'Irlanda Veneta, mutando i paesi più patriottici e più sobri nel chiedere, in ribelli della disperazione e il prefetto di Treviso segnala al Ministero la possibilità che nel Trevigiano si crei un movimento separatista tendente a staccare il Veneto dall'Italia. E Guido Bergamo parlamentare trevigiano scrive 'Il governo centrale di Roma, questo governo di filibustieri, di ladri e camorristi organizzati, non si accorgerà di noi se non ci decideremo a far da noi e ancora 'Ora basta! Il problema veneto è così acuto che noi da oggi predicheremo la ribellione dei veneti. Cittadini, non paghiamo le tasse, non riconosciamo il governo centrale di Roma, cacciamo via i prefetti, tratteniamo l'ammontare delle imposte dirette nel Veneto. 5) Nel 1945, nell’immediato dopoguerra il ministro dell’interno chiede informazioni alla prefettura di Venezia su “persone che tendano ad una autonomia integrale del Veneto e alla costituzione di una Repubblica di San Marco” 6) Nel 1970 nascono le regioni e il Veneto è l’unica regione che si da uno statuto nel quale si parla di “popolo”: l’articolo due recita: “L’autogoverno del popolo veneto si attua in forme rispondenti alle caratteristiche e tradizioni della sua storia” 7) Nel 1983 alle elezioni politiche per la prima volta in una regione a statuto ordinario una forza politica autonomista riesce a far eleggere due rappresentanti al parlamento italiano: è la Liga Veneta, la madre di tutte le leghe. 8) Nel 1997, il 9 maggio otto “serenissimi” si impossessano del campanile di S. Marco e issano la bandiera veneta. Un gesto e un sacrificio determinanti a far risvegliare nel popolo veneto la coscienza della propria identità e dei propri diritti.
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