PROVINCIA AUTONOMA DI
VICENZA? NO, GRAZIE
Potrebbe
sorprendere che l'iniziativa per la provincia autonoma sia la principale
battaglia politica di un movimento, la Lega Nord per l'Indipendenza della
Padania, che dovrebbe essere la naturale continuazione di quell'arcipelago
autonomista, federalista, indipendentista nato nei primi anni ottanta e, da
sempre, estremamente critico verso l'istituzione "Provincia".
Nel novembre del 1981 la Liga Veneta diffuse un
documento in occasione di un convegno sulla proposta di autonomia della
provincia di Belluno, nel quale la provincia veniva definita "istituto
innaturale antistorico" e più avanti "la divisione di uno stato
artificiale come quello italiano in una serie di province altrettanto
artificiali risponde ad una precisa logica di prevaricazione e sfruttamento,
risponde perfettamente alla logica romana del "divide et impera".
Qualche anno dopo, nel 1994, in un
interessantissimo volumetto intitolato "Kustion veneta - La Questione
veneta" si poteva leggere: "In contemporanea con lo
svilupparsi del movimento autonomista, il governo centrale ha ripreso a
rivalutare le province, proprio in funzione antimunicipalista e
antiregionalista, riprendendo ad attribuire ad esse nuove funzioni, che
prima erano delle regioni".
Poche settimane fa, un documento del
Serenissimo Veneto Governo arriva a proporre addirittura:
"L'eliminazione del concetto di provincia, in quanto istituzione
burocraticamente superflua".
Se pensiamo però che la prof.ssa Manuela Dal
Lago oltre ad essere Presidente della Provincia è anche Presidente del
Governo Provvisorio della Padania, e che la prima bozza della Costituzione
della Repubblica Federale della Padania iniziava in questo modo: "I
Popoli delle Città , dei Comuni e delle quarantotto Province.hanno, alla
vigilia del Terzo Millennio, maturato la piena e responsabile
consapevolezza di essere ormai una Comunità naturale, culturale e sociale
ed economica fondata su un patrimonio...." ignorando scandalosamente le
Regioni, alcune delle quali, come il Veneto, hanno alle spalle secoli di
storia comune, una precisa identità, una bandiera nella quale tutti si
riconoscono, e che comunque, anche a livello europeo vengono considerate la
dimensione territoriale ideale.
E' chiaro, allora, che il progetto ha un unico
obiettivo: tentare di valorizzare una istituzione antistorica e artificiosa
come la Provincia al fine di minare (se non distruggere) l'identità veneta,
principale ostacolo al tentativo di imporre una comune (?) coscienza
padana.
Dove esistono le province autonome, la Regione
è ridotta a una parvenza di istituzione, l'esempio della vicina Regione
Trentino-Alto Adige/Sud Tirol è emblematico, tanto è vero che ci sono
diverse proposte per abolirla.
E del resto provate a pensare quale futuro
potrebbe avere una Regione Veneto con sette province autonome, senza la
benché minima programmazione regionale, con un provincialismo sfrenato e
con quei veti incrociati che hanno per troppo tempo penalizzato la nostra
Regione.
E allora va combattuto decisamente un progetto
pericolosissimo per il popolo veneto, un vero e proprio attentato alla
nostra identità e all'unità del popolo veneto, lanciato proprio
adesso che buona parte dei Veneti hanno scoperto la loro identità,
il sentimento di comune appartenenza, il sentirsi popolo.
Il Veneto non è un insieme artificioso di
sette province, è molto di più: è significativo che l'unico statuto delle
venti regioni che parli di popolo è il nostro (all'art. 2 si parla di
autogoverno del popolo veneto) e questo è stato ratificato anche dal
parlamento italiano (con la legge 340 del 1971), ed è altrettanto
significativo che contro la nostra identità ci siano stati e continuino ad
esserci attacchi fortissimi, a partire da quel Napoleone Bonaparte nel 1797
dichiarò guerra alla Repubblica Serenissima e diede ordine di distruggere
tutti i leoni di S. Marco.
Ma dopo duecento anni l'identità veneta è più
forte che mai e non saranno certo iniziative strumentali come questa
che potranno fermare un processo di riappropriazione della nostra identità
e dei nostri diritti praticamente inarrestabile.
Ettore Beggiato